Tutela Patrimonio Culturale

1. INTRODUZIONE

Fonte

I beni culturali costituiscono l’identità di un popolo, minare il patrimonio archeologico, storico e artistico di una nazione significa infliggere a quest’ultima una ferita permanente, producendo danni di assoluto rilievo ben al di là della materiale perdita delle opere sottratte alla fruibilità delle genti, indispensabili alle generazioni future per meglio comprendere il filone storico, culturale e sociale da cui provengono. Il patrimonio culturale, quindi, quale espressione più alta del popolo che lo ha creato, va tutelato da tutti i cittadini.
Per comprendere l’importanza dell’immenso patrimonio storico – artistico nazionale bisogna risalire all’eredità che ci hanno lasciato le grandi civiltà del passato. Non solo quella romana, indubbiamente la più importante, ma anche: gli Etruschi, i Sabini, gli Apuli, i Volsci, i Sanniti, i Dauni, gli insediamenti greci nell’Italia Meridionale (Magna Grecia) gli Elymi, etc., passando attraverso le grandi dominazioni barbariche dei Visigoti, gli Ostrogoti, i Longobardi e le influenze orientaleggianti (bizantina e araba), sino a giungere agli Stati pre-unitari, senza tralasciare il Rinascimento, epoca particolarmente ricca di artisti di valenza mondiale. Queste straordinarie testimonianze hanno reso l’Italia, oltre che la nazione più ricca in tutti i campi dell’arte nelle sue più varie espressioni, anche l’unica nel mondo con la più alta densità di beni culturali per chilometro quadrato, tanto da essere considerata un museo a cielo aperto.

2. CENNI STORICI

L’esigenza di custodire e di salvaguardare i beni artistici, è stata avvertita sin dalla Roma dei Cesari che emanarono alcune leggi a protezione dei loro monumenti. In tempi più recenti, i primi editti speciali, tendenti a conservare intatti i monumenti e le arti romane ed italiche, furono emanati dallo Stato Pontificio. L’editto Sforza del 1646, oltre a contenere un elenco minuzioso dei beni sottoposti a tutela, ribadiva anche la proibizione alla rimozione delle statue dai territori romani, disposta nel 1624 dal cardinale Aldobrandini. Lo Stato Pontificio tentò, inoltre, di porre un freno alla dilagante “passione collezionistica” con vari editti che imponevano divieti d’esportazione senza licenza, non solo di oggetti d’interesse archeologico, ma anche di libri sacri, codici e manoscritti.
Particolare importanza riveste l’editto del Cardinale Pacca, del 7 aprile 1820, che proibiva l’esportazione di oggetti di antichità e d’arte e dei reperti di scavo. L’editto fu ripreso anche da Ferdinando I per il Regno delle due Sicilie. L’Italia post-unitaria, in un primo momento affidò l’azione di tutela del patrimonio artistico nazionale a commissioni e deputazioni locali coordinate dal governo centrale poi, nei primi anni del 1900, affrontò il problema con la legge n. 185 del 12 giugno 1902, seguita dalla legge n. 364 del 20 giugno 1909 con regolamento n. 363 del 30 gennaio 1913. Ma solamente con la legge n. 1089 del 1° giugno 1939, si perveniva ad un impianto legislativo ritenuto legge fondamentale sulle cose d’interesse artistico e storico.
La tutela dei beni culturali veniva affidata alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione. Il 14 dicembre 1974, con D.L. N. 657, al fine di meglio regolamentare e tutelare l’intero comparto, veniva istituito il Ministero per i beni e le attività culturali.

Il 3 maggio 1969 venne istituito il “Comando Carabinieri Ministero Pubblica Istruzione – Nucleo Tutela Patrimonio Artistico” in diretto coordinamento con la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, ed a tale Comando vennero dall’ottobre successivo indirizzate, per disposizione del Comando Generale, tutte le segnalazioni concernenti il trafugamento e gli illeciti commerci di opere d’arte.


Pin It on Pinterest